Dune - Parte 2 (D. Villeneuve, 2024): Recensione

   



Il 28 febbraio è uscito nelle sale italiane Dune Parte 2, attesissimo sequel del primo premiatissimo capitolo cinematografico, Dune, che vinse sei oscar, cinque BAFTA e anche un golden globe per la migliore colonna sonora di Hans Zimmer. Dune part One ha incassato nel mondo oltre 400 milioni di dollari, e dobbiamo tenere a mente che è uscito nel 2021, periodo in cui molte persone ancora, per via della pandemia, preferivano non recarsi al cinema.
Sono tutti certi che questo secondo capitolo sbancherà al botteghino, caratterizzando la stagione per esserne uno dei maggiori incassi, sono curioso e speranzoso, visto che molti titoli non stanno ottenendo il successo sperato.
Le premiere nel mondo stanno creando un fenomeno virale a dir poco, al pari forse solo di Barbie, gli outfit di Zendaya sono diventati iconici e Chalamet, indossa sempre abiti che richiamano il suo personaggio come già per Wonka (la mia recensione QUI).
Dune parte 2 è un fenomeno di costume, rimandato e desiderato, io l'ho visto in anteprima presso il mio cinema di fiducia il giorno prima dell'uscita.



Ma parliamone.


-analisi e sceneggiatura-

Dune parte due è una visione epica e da kolossal, un film che in Italia solo con le anteprime domina la classifica del box office con oltre 250mila euro incassati, chissà a quanto arriverà stasera, con l'ampia distribuzione.

Il suo successo è dovuto di certo alla curiosità degli spettatori (non vedevo una sala così stracolma da Barbie), ma anche alle tematiche affrontate. Dune ci racconta l'uomo nelle sue dimensioni sociali: religione, politica, famiglia.

Ogni riferimento religioso conferisce significato alle scelte e ai comportamenti dei personaggi, e possiamo riscontrare innumerevoli caratteristiche delle religioni abramitiche: l'attesa del Messia, i veli femminili, le profezie, la preghiera, il culto di massa, i leader religiosi, le grandi madri e...la guerra santa.

Dune prende la religione e l'antropologia degli esseri umani, la porta lontana anni luce, la colora di un'altra cultura, un'altra organizzazione, un'altra lingua e la rende incredibilmente riconoscibile, tutto appare chiaro, le dinamiche umane, qui universali, gestiscono tutto in modo analogo.

La politica totalitaria, le divise tutte uguali, la massa urlante, la spezia (che sembra tanto il nostro petrolio) e la necessità di credere in qualcosa, fanno di questo film un racconto e un'indagine antropologica dettagliata su di noi e la nostra società. Bisogna vedere Dune, forse, per vedere il nostro pianeta, le ristrettezze e la mancanza dell'acqua richiamano l'emergenza ambientale, la guerra santa richiama a tutte le volte che storicamente gli esseri umani hanno mascherato fini politici ed economici con nobili intenti di proselitismo e salvezza delle anime.

Perfino l'uguaglianza uomo donna, esplicitata da Chani (Zendaya) è d'esempio, ed è evidente come siano proprio le personalità femminili a muovere tante trame, spesso accecate dal potere.

Pro:




-regia-

Una regia che, col montaggio, garantisce ad un lungometraggio di quasi tre ore un ritmo serrato. Le scelte non cadono mai nello scontato, non abbiamo mai degli inutili jumpscare, e ci si muove tra deserto e tende, tra immensi luoghi di culto e palazzi.
Un'avventura intensa, guidata magistralmente da un cast tecnico infallibile, che tiene molte porte aperte e che invoglia a conoscere, a sapere.
Villenueve, regista che apprezzo moltissimo, trova nuovi codici e si ritaglia un posto d'onore nella nuova Hollywood.

-scenografia e ambientazioni-

Girato tra Giordania, Emirati Arabi, i caldi deserti, gli immensi orizzonti, Dune appare dorato, aulico.
Ciò che vediamo sembra davvero di un altro mondo, eppure ha preso forma nel nostro.
Dettagliato, credibile, iconico.
La scenografia è bellissima, in un connubio tra oriente, ville romane, Africa, sabbia e rimandi ai grandi totalitarismi del 900.
Un mix di culture che ne crea una tutta nuova, raccontata in una lingua nuova.

-musica-

Colonna sonora epica, che accompagna ogni momento.
Dai toni apocalittici e dal grande fascino. Hans Zimmer, che ha firmato anche la musica del primo capitolo, vincendo un Oscar, si dimostra la persona più adatta per il progetto.
La musica è un altro personaggio.

-costumi-

Attingendo alla cultura beduina, araba, i costumi realizzati, in particolare per le donne, sono splendidi, sono reti e corazze, che proteggono dall'esposizione e che fanno apparire le figure femminili come coperte e prive di identità, tutt'altro che vero, infatti basta un gesto per condizionare gli eventi. Jaqueline West è una visionaria.

-cast-
Timothée Chalamet, che ormai è un volto sempre più noto, tiene benissimo la parte del protagonista, trasformando il suo atteggiamento in modo graduale, da ingenuo ed incredulo a dispotico, giovane, dalla faccia pulita ma tirannico.
Mi ha colpito particolarmente Rebecca Ferguson, dallo sguardo folle ed inquietante, controllante e ambigua.



Contro:


-durata? -

Non ho una passione smisurata per i film molto lunghi, Dune parte 2 è molto lungo e dura quasi tre ore ma ho la sensazione che qualcosa sia stato tagliato, alcuni passaggi mi sono sembrati tropo repentini, quindi, vado contro me stesso, ma secondo me sarebbe dovuto durare di più.

Voto: 9

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